Il PRI a Milano e in Lombardia

Prima delle ultime consultazioni amministrative, il PRI milanese ha avviato un profondo lavoro di verifica con le altre forze di tradizione laica. È stata un'esperienza positiva, anche se non si è tradotta in una lista comune, perché ha permesso di mettere a fuoco proposte innovative. Oggi, il PRI è nuovamente presente nelle istituzioni cittadine, e ha riconquistato il suo ruolo solo in virtù della qualità delle sue idee e della capacità di aggregare un voto di opinione laico, liberale e riformista.

La storia dei repubblicani a Milano in quest’ultimo anno e mezzo lascia ben sperare per il futuro. Il PRI ha raccolto l’esigenza, presente tra i cittadini, di portare avanti un’iniziativa politica nuova. Con l’aiuto, beninteso, di molti amici volenterosi nell’esecutivo, che hanno svolto un lavoro difficile. Abbiamo speso molte energie per verificare l’ipotesi di una federazione laica tra PRI, PLI e Riformatori Liberali. È stata un’esperienza positiva, soprattutto perché ha segnato l’avvio di una nuova stagione di lavoro politico. Un lavoro proficuo, del resto, dato che ha avuto come sbocco l’elaborazione di un programma per Milano ricco di spunti innovativi, nel migliore solco della tradizione laica. Ma è stata un’esperienza positiva anche in termini di risposte.

La manifestazione che abbiamo organizzato nel febbraio 2006 al Circolo della Stampa ha ottenuto un notevole successo di pubblico e un buon risalto sulla stampa: segno che, comunque, l’iniziativa era riuscita a intercettare le aspettative di una parte importante della cittadinanza.

Il progetto del polo laico

Tutto a gonfie vele, quindi? Per noi, che credevamo nel progetto, sì. Ma, evidentemente, la nostra fiducia non è stata condivisa fino in fondo dai nostri compagni di viaggio. Che, con l’avvicinarsi delle elezioni, hanno iniziato a denunciare notevoli incertezze. Più avanzava l’ipotesi di una lista Moratti, più cresceva l’inquietudine di questi nostri amici. Alcuni dei quali, alla fine, hanno bellamente rinunciato alla loro appartenenza di partito – alla loro storia, in sostanza – pur di riuscire a infilarsi nella lista del candidato sindaco. Lista che, come ricorderete, rifiutava programmaticamente di accogliere rappresentati di partiti.

A quel punto abbiamo dovuto fare a nostra volta delle scelte. L’esigenza di una nostra presenza nelle istituzioni era forte, soprattutto alla luce del lavoro svolto negli ultimi mesi. Ma una presenza per fare cosa? Non per il puro gusto di esserci, naturalmente: volevamo essere presenti per continuare a fare politica, per portare avanti il programma che avevamo messo a punto.

Ci siamo confrontati, abbiamo valutato diverse possibilità. E alla fine, d’accordo con Francesco Nucara, abbiamo ritenuto che la scelta migliore fosse accogliere l’invito di Forza Italia e presentare, all’interno della lista azzurra, una candidatura come indipendente. Ricalcando, peraltro, scelte analoghe fatte a livello nazionale.

L'offerta di Forza Italia

Certamente, l’offerta di Forza Italia ci ha fatto piacere, se non altro perché ha dimostrato la considerazione e il rispetto che un grande partito di massa nutre per il piccolo PRI. Peraltro, è abbastanza superfluo aggiungerlo, non eravamo nelle condizioni di proporre una nostra lista con 60 candidati al Consiglio Comunale e circa 350 per le circoscrizioni. Abbiamo verificato le condizioni, dicevamo. E poi, buttando il cuore oltre l’ostacolo, forse con un po’ di felice incoscienza, mi sono candidato. E il resto della vicenda è noto.

Ma prima di andare oltre con le valutazioni politiche che dobbiamo fare, vorrei ricordare solo un dato. I candidati laici che hanno scelto la lista Moratti non sono stati premiati dalle urne, a cominciare dal capolista Borghini, ex sindaco di Milano. E non è stato l’unico nome eccellente ignorato dall’elettorato: il vice presidente del Consiglio Comunale uscente e il rettore della Bocconi non hanno avuto miglior fortuna. Per non parlare di un nome storico come Bruno Tabacci. La Rosa nel pugno, dal canto suo, non ha avuto nessun eletto. Viceversa, il repubblicano Franco De Angelis, candidato come indipendente nelle liste di Forza Italia, è stato eletto. Dopo aver fatto una campagna elettorale sostenuta solo dagli sforzi e dal calore degli amici repubblicani.

Il PRI torna a Palazzo Marino

Cosa c’è dietro questo successo? C’è il nostro mondo laico e repubblicano. Ci sono le persone che continuano a credere nei nostri ideali, nel nostro modo di fare politica, nelle scelte che ci hanno sempre resi diversi nel panorama politico italiano. 700 voti a Milano sono molti? Sono pochi? Io credo che siano, in primo luogo, significativi e importanti. Soprattutto perché hanno permesso ai repubblicani di tornare dopo 13 anni di assenza a Palazzo Marino. E non solo: l’amico Camera, un altro repubblicano candidato come indipendente, è stato eletto nel Consiglio di zona 1, mentre tanti altri candidati nelle circoscrizioni, pur non riuscendo a essere eletti, hanno contribuito molto alla mia elezione, come dimostrano i numeri. Cosa significa tutto questo?

Certamente il voto a nostro favore non è un voto clientelare, e neppure un voto ideologico: non lo è mai stato. Siamo premiati da un voto d’opinione: in altri termini, dalle persone che ci vedono come una forza politica in grado di interpretare i grandi valori laici e liberali: l’idea di una società in cui a prevalere siano gli individui con le loro libertà, le loro responsabilità e i loro meriti; l’idea di una società basata sul rifiuto di ogni costrizione sociale imposta dall’alto; l’idea di un paese ancorato, anche nelle scelte politiche internazionali, ai valori della propria identità occidentale.

Un partito d'opinione

Non possiamo focalizzarci sul fatto che abbiamo poche tessere e viverlo come un problema fondamentale. Non fa parte della nostra storia. La specificità di un partito d’opinione è la sua capacità di aggregare consenso indipendentemente dal numero degli iscritti. Perché un partito d’opinione ha un’audience rapportata alla qualità delle sue proposte politiche, e non alla quantità delle tessere che può schierare. Eravamo numerosi al Circolo della Stampa, in febbraio. Siamo stati numerosi pochi giorni fa, il 5 dicembre, a Palazzo Marino, a un convegno sull’area metropolitana milanese promosso soltanto da noi. Perché? Perché siamo in grado di lanciare delle proposte qualificate. Ecco il segreto. Evidentemente, però, non siamo isolati. Evidentemente, abbiamo un ruolo all’interno di una coalizione di forze politiche. Ed esistono degli equilibri che vorremmo veder rispettati, o per meglio dire ristabiliti.

A livello comunale, lo dico con franchezza, non vedo particolari problemi. A livello nazionale, troverei giusto che la CdL riconoscesse maggior dignità al PRI, e proporrei fin d’ora che il nuovo segretario avviasse un giro di consultazioni con i colleghi delle altre forze politiche mettendo all’ordine del giorno questo tema. La mia presenza come capogruppo a Palazzo Marino è certamente significativa, ma non esaurisce le esigenze di visibilità del PRI. Ritengo che su questo punto Francesco Nucara sia pienamente d’accordo con me, e riconosco il valore delle battaglie che continua a sostenere per veder attribuito un ruolo più rilevante al PRI.

La presenza del PRI deve avere un riconoscimento più tangibile. Non solo e non tanto per i suoi risultati elettorati (che pure, in qualche caso, possono rappresentare l’ago della bilancia), quanto per ciò che ha rappresentato l’edera nella storia di questo paese, e per i consensi che le nostre idee sono ancora in grado di catalizzare.

La forza delle idee

La nostra forza sono le idee, e su questo dobbiamo continuare a lavorare. Ho appena detto che l’edera ha rappresentato molto nella storia del nostro paese, e lo ribadisco. Ma questo deve costituire per tutti noi uno stimolo, non una rendita di posizione. La lucidità della Nota aggiuntiva di Ugo La Malfa – nella quale il leader repubblicano chiedeva maggiori investimenti in infrastrutture, formazione e ricerca in un’epoca in cui l’attenzione era concentrata solo sui consumi – deve essere per noi motivo di orgoglio, ma anche di riflessione. Non possiamo fermarci alla quotidianità, né concentrarci solo sull’amministrazione dell’esistente, per quanto possa essere un tema complesso. Proprio perché siamo gli eredi di una tradizione intellettuale forte, abbiamo il dovere di guardare un po’ più in là degli altri.

Il prossimo congresso nazionale sarà l’occasione, anche per noi repubblicani lombardi, di formulare una proposta innovativa al Paese. Le contraddizioni e le difficoltà dei due poli sono sotto gli occhi di tutti. Le debolezze della maggioranza sono così evidenti che non vale la pena di parlarne: vediamo tutti le due anime del centrosinistra perseguire obiettivi sempre più divergenti e confusi. Ma neppure il centrodestra è esente da pecche, e su questo argomento dovremmo soffermarci con più attenzione. In questo scenario, in cui l’ultima preoccupazione di tutti sembra essere il futuro del paese, i repubblicani possono dare alla politica italiana il colpo d’ala che oggi nessuno sa esprimere.

Sono e resterò sempre convinto del fatto che i risultati più efficaci si possano ottenere solo riconoscendo il primato della politica. Quest’affermazione può suonare strana in un’epoca in cui la politica è guardata da molti cittadini con sospetto. In realtà – non devo ricordarlo a voi – la politica è cosa ben diversa dal sottogoverno, ed è anche cosa ben diversa dall’ideologia fine a se stessa. La politica è la capacità di guardare avanti, di orientare gli eventi anziché subirli. La politica è creare le condizioni per essere liberi.