Milano, capitale del liberalismo

Il liberalismo è forse l'unica dottrina politica che sia stata in grado di autoriformarsi ed evolvere con il tempo. Perciò oggi è in grado di affrontare le sfide del Terzo Millennio. Milano ha iniziato ad avere un'anima liberale già in epoca illuminista, e ha saputo mantenerla. Così come ha saputo trasformarsi da capitale dell'industria a capitale della moda. Gli interventi che si sono susseguiti nelle giornate del convegno milanese “Valori liberali” – interventi di qualità notevole, di cui siamo tutti grati ai relatori – ci hanno consentito di fare il punto e di osservare sotto una nuova luce molti dei concetti a cui noi, repubblicani di vecchia data, siamo legati.

Personalmente, resto convinto del fatto che ciò che caratterizza il liberalismo, al di là delle teorie economiche e delle dottrine politiche, sia la capacità di affrontare i problemi in maniera pragmatica. La vera forza del liberalismo – che alcuni, a torto, vedono come un limite – consiste nel rifiuto di offrire soluzioni facili e predeterminate. Le soluzioni, come ci ha insegnato Ugo La Malfa, vanno ricercate con realismo, reinterpretando i principi fondamentali alla luce delle situazioni concrete. Proprio per questo, il liberalismo è forse l’unica dottrina politica in grado di autoriformarsi e di evolvere continuamente, adattandosi alle nuove esigenze della società.

Fatti salvi alcuni principi fondamentali, le risposte che cerchiamo oggi non sono le stesse che cercavamo trent’anni fa. E siamo i primi a esserne consapevoli. Così come siamo consapevoli degli errori che hanno prodotto alcune interpretazioni troppo settarie dei concetti base del liberismo: pensiamo ai problemi sociali e politici che un’applicazione eccessivamente rigida della dottrina economica neoliberista ha creato in molti paesi sudamericani e asiatici. Ma questo, secondo me, non è il vero liberalismo. Parafrasando Lenin, potremmo definirlo una malattia infantile legata alla riscoperta del pensiero liberale.

Le sfide del Terzo Millennio

È chiaro che i nuovi scenari che caratterizzano il Terzo Millennio propongono sfide sconosciute agli uomini del Novecento. La globalizzazione, i rapporti che si stanno creando tra il Nord e il Sud del mondo, le emergenze umanitarie, i rischi legati al degrado dell’ecosistema, il ritorno sotto altre vesti di fenomeni che pensavamo ormai archiviati, come il fanatismo religioso o l’odio etnico: sono interrogativi a cui non possiamo sottrarci. E non possiamo cavarcela con risposte preconfezionate.

In questo panorama difficile, cosa possono offrire i repubblicani? Certamente, non formule magiche o ricette buone per ogni stagione: non sono cose che appartengono alla nostra cultura, e le lasciamo volentieri ad altri. Il nostro contributo, è la capacità di affrontare i problemi del Terzo Millennio senza pregiudizi, con l’onestà intellettuale di chi non deve rendere omaggio a nessun testo sacro e non ha l’ansia di osservare la realtà attraverso le lenti distorte di un’ideologia. I valori repubblicani sono attuali soprattutto perché sanno farsi portavoce delle capacità critiche dell’uomo moderno. Capacità che, peraltro, la cultura occidentale ha acquisito faticosamente nel corso di un cammino durato secoli, purtroppo segnato da tragedie e martiri. È un patrimonio al quale non possiamo rinunciare, e che deve continuare ad accompagnarci nella strada che ancora dobbiamo percorrere.

Milano capitale del liberalismo

Prima di concludere, vorrei dedicare un ringraziamento a Francesco Nucara per aver scelto proprio Milano come sede di questo convegno. È stata una decisione giusta, perché Milano merita, a mio giudizio, il titolo di capitale del liberalismo italiano: e non lo dico per spirito campanilistico, né con intento polemico. Milano ha iniziato ad avere un’anima liberale in epoca illuminista, e da allora non ha cessato di essere un punto di riferimento per chi immaginava uno sviluppo diverso del Paese. Pensiamo a Cattaneo, il cui pensiero mantiene una carica d’attualità sempre viva, e a tutti i grandi repubblicani che a Milano hanno trovato una seconda patria.

Forse – e di nuovo, sia chiaro, non voglio polemizzare – il fatto di non essere mai stata una capitale politica, se non in tempi molto remoti, ha rappresentato una fortuna per Milano. In un certo senso, dall’epoca degli Asburgo in poi, Milano è stata una città di frontiera, un anello di congiunzione fra mondi e realtà diverse: la Francia da un lato, la Mitteleuropa dall’altro e, naturalmente, l’Italia. Posta al centro di un crocevia fondamentale per lo scambio di merci e di idee, Milano ha scoperto in fretta la sua vocazione. Ha imparato a rafforzare la propria identità, a dotarsi per quanto possibile di strumenti d’autogoverno efficaci (la sussidiarietà è un concetto molto antico, a Milano) e a perseguire un modello di sviluppo che non dipendesse esclusivamente dallo Stato. La capacità di evolvere Parlavamo poco fa della capacità di evolvere.

Credo che poche città abbiano saputo rinnovarsi come Milano, passando nel giro di qualche decennio dall’eccellenza nell’industria pesante all’eccellenza nella moda, per non dire del ruolo d’avanguardia che la città sta assumendo nel Terzo Settore. Con un corollario importante: l’intero processo di riconversione si è svolto senza innescare dinamiche sociali distruttive. Beninteso, non vorrei essere accusato di dipingere un quadro troppo roseo. Ovviamente, anche Milano ha vissuto grandi conflitti. Ovviamente, come amministratori ce ne accorgiamo ogni giorno, la città si trova a fronteggiare problemi difficili. Ma, contrariamente a quanto avviene altrove, se non altro cerchiamo di risolverli sperimentando progetti e metodologie d’approccio innovative. E anche questo mi pare un modo molto liberale di accostarsi alle problematiche.

Secondo alcuni, Milano non tiene abbastanza al proprio passato e alle proprie tradizioni. Per certi versi può essere vero. Ma è un difetto, a mio modo di vedere, largamente compensato dalla capacità di reinventarsi: una qualità che mi sembra molto in linea con l’immagine di una città che porta il liberalismo nel suo DNA. Infine, mi piace ricordare che da sempre Milano è stata il laboratorio delle scelte politiche future.

Anche per questo trovo significativo che questo convegno, sostenuto da un pubblico numeroso e interessato ai temi che abbiamo discusso, abbia avuto luogo proprio qui, e lo considero un augurio. Non posso quindi che dare atto a Francesco Nucara di aver compiuto una scelta di grande lungimiranza politica: riaprire il dialogo con Milano, dove le radici repubblicane sono più profonde, è una condizione fondamentale per il successo di tutte le nostre prossime iniziative.