Quanto è grande Milano?

L'area metropolitana milanese possiede una popolazione compresa tra i 4 e i 7 milioni di abitanti, mentre il Comune di Milano ne conta circa 1 milione e 300 mila. Si tratta di una realtà che ha bisogno di strumenti di governo specifici, e soprattutto di infrastrutture adeguate.

La Milano “effettiva” è molto più ampia della Milano amministrativa. L’area metropolitana milanese è una realtà ormai riconosciuta anche a livello statistico e geografico: le dimensioni variano a seconda delle stime dei ricercatori, ma è ormai assodato che nell’ipotesi più riduttiva conta circa 4.200.000 abitanti (più della Provincia di Milano, quindi). Alcuni ricercatori anglosassoni però vanno oltre, assegnando all’area metropolitana milanese una superficie più o meno equivalente a quella di Parigi, con una popolazione di circa 7 milioni di abitanti. Cosa che farebbe rientrare Milano tra le prime dieci megalopoli mondiali, nello stesso gruppo in cui si trovano Los Angeles e Singapore.

L’esigenza di dare un riconoscimento all’area metropolitana milanese è un concetto sul quale i repubblicani insistono da anni. Non per puntiglio campanilistico, evidentemente, ma perché è l’unica chiave per analizzare e gestire correttamente alcuni tra gli aspetti più importanti della vita cittadina, dalla pianificazione urbanistica alla mobilità.

Certo, l’idea di vivere in una megalopoli di 7 milioni di abitanti può sembrare a molti vagamente straniante: megalopoli, nell’accezione comune, significa caos, insicurezza, servizi e qualità di vita scadente. L’esatto contrario, insomma, della città a misura d’uomo che tutti vagheggiano.
In realtà, non è detto che piccolo sia sempre sinonimo di bello e grande si traduca automaticamente con degrado. Dipende da come le cose vengono gestite. Non a caso, abbiamo sempre sostenuto che l’unico modo per gestire efficacemente l’area metropolitana è il policentrismo: cioè, garantire agli abitanti dei comuni limitrofi al capoluogo servizi e opportunità di studio, lavoro e svago di livello adeguato. Ferma restando, s’intende, la necessità di pensare a infrastrutture meglio dimensionate: perché il futuro di Milano, oggi, si gioca anche, o soprattutto, fuori Milano.

Un’idea diversa della città

Nella realtà, Milano è già una città metropolitana. Tutti ricordiamo come, verso la metà degli anni Ottanta, ci sia stato un importante travaso di popolazione dal capoluogo ai nuovi quartieri residenziali edificati nei comuni limitrofi. Ovviamente, queste persone non cessavano di essere milanesi: continuavano naturalmente a lavorare a Milano, e a gravitare su Milano per tutte le esigenze legate all’intrattenimento e alla cultura.

È significativo il fatto che, una decina d’anni dopo, si sia verificata una sorta di controesodo: molte famiglie che avevano scelto di abitare fuori Milano sono tornate a abitare nel capoluogo, probabilmente per esigenze legate all’educazione dei figli. Ma il loro posto è stato subito preso da altre giovani coppie: che probabilmente, in futuro, torneranno a loro volta a Milano, sempre che nel frattempo il livello dei servizi nei comuni dell’hinterland non abbia raggiunto standard più elevati. Quindi, a tutti gli effetti, i milanesi si sentono già parte di un’area metropolitana: la scelta di abitare all’interno o all’esterno del capoluogo è legata semplicemente a ragioni di opportunità ed è soggetta a cambiare a seconda delle circostanze. Proprio come sarebbe, in una città vecchio stile, la scelta di cambiare quartiere.

A fronte di questi fenomeni, le rigide divisioni amministrative appaiono abbastanza anacronistiche. Ragionando in un’ottica più corretta, dovremmo considerare il capoluogo come la city della città metropolitana, e ricalibrare di conseguenza i nostri progetti.

Il mercato, del resto, si muove già da anni in questa direzione. Oggi vediamo che, dopo aver proposto residenze e insediamenti terziari, gli operatori puntano sui servizi: pensiamo allo sviluppo dei megastore e delle multisala, che peraltro si pongono come punti d’attrazione per un bacino d’utenza che possiamo considerare già metropolitano.

Come spesso accade, quindi, la politica è chiamata a rispondere a un’esigenza già espressa e attuata dalla società civile. In che modo? Evidentemente, sostenendo questo sviluppo (che in sé non può che essere considerato positivo) con infrastrutture adeguate, specialmente per quanto riguarda la mobilità e l’ambiente.

Le infrastrutture

Il problema delle infrastrutture a Milano non è nuovo. Ed è uno dei temi in cui si può toccare con mano come la frammentazione amministrativa non giovi allo sviluppo di progetti ad ampio raggio. Basti pensare che le tangenziali – che di fatto rappresentano l’unica “strada” della Milano metropolitana – hanno un percorso così ridotto perché, ai tempi, per evitare eccessive lungaggini, era stato necessario realizzarle restando entro i confini del Comune di Milano.

È chiaro che non si può pensare a una seria politica di sviluppo senza coinvolgere tutta l’area metropolitana, né si può ipotizzare di gestire problematiche complesse come la viabilità o l’ambiente ragionando in base agli schemi delle divisioni amministrative: il fatto che una dorsale di traffico attraversi diversi comuni non ne varia la natura né la funzione, e quindi non dovrebbe avere incidenza sulle caratteristiche dell’infrastruttura. Oggi, purtroppo, spesso succede il contrario: entrando nel territorio di un comune, la strada cambia numero di corsie, regolamentazione e così via, senza un disegno unitario.
Lo stesso discorso vale, a maggior ragione, per le infrastrutture di trasporto pubblico: autolinee, metropolitane e ferrovie. Per non parlare di un altro tema sul quale Milano sconta un forte ritardo: la logistica e tutte le strutture collegate, a partire dai centri intermodali che dovrebbero dare agli operatori la possibilità di organizzare in modo efficace trasporti combinati tra mezzi diversi (aereo, ferrovia, strada), riducendo l’impatto ambientale di questa attività.

In molti casi si ha l’impressione che la pianificazione segua criteri troppo localistici, non tenendo conto delle effettive necessità dell’utenza. È verosimile che questo accada anche perché manca, sul fronte politico-amministrativo, un interlocutore titolato a farsi carico delle esigenze dell’area metropolitana nel suo insieme.

Uno sguardo al futuro

Milano è sempre stata un crocevia fondamentale in Europa. Oggi lo è più che mai, dato che si trova interessata da almeno due progetti comunitari d’ampio respiro: il Corridoio 1 che collegherà con infrastrutture ferroviarie ad alta velocità Berlino con Palermo, e soprattutto il Corridoio 5 che collegherà Lione con Kiev.

Si tratta di iniziative che, naturalmente, possono significare molto per Milano, sia sotto il profilo economico a breve e medio termine, sia per quanto riguarda l’immagine e la collocazione internazionale della nostra città. Il Corridoio 5 sarà un’arteria vitale per gli scambi con l’Europa orientale, e non solo. Sarebbe gravissimo se il tracciato definitivo tagliasse fuori la Lombardia e Milano.

Tuttavia, la realizzazione delle infrastrutture necessarie procede – nel migliore dei casi – a rilento. Anche le recenti polemiche sul ruolo di Malpensa nell’ambito del sistema aeroportuale italiano, evidentemente, non aiutano. Il problema non è Milano o Roma, Malpensa o Fiumicino, ma il ruolo dell’Italia nell’ambito dei flussi di traffico europei. Non siamo l’unico Paese in grado d’intercettare i movimenti tra la parte occidentale e quella orientale del continente, e non siamo l’unico sbocco europeo sul Mediterraneo. La geografia ci ha favorito, certo, ma oggi la tecnologia è in condizioni di annullare, o quantomeno di neutralizzare, questo tipo di vantaggio: non contano tanto le distanze in assoluto, quanto i tempi e i costi di percorrenza.

Riproporre un ruolo forte per Milano non significa cadere nel campanilismo: al contrario, serve a dare all’Italia nel suo complesso la garanzia di un saldo ancoraggio all’Europa, e quindi delle chances di sviluppo sia sul piano economico, sia sotto l’aspetto culturale.
Ma il modo più efficace per affrontare e risolvere problemi complessi è, come abbiamo sempre sostenuto, adottare una logica di sistema: un approccio che è particolarmente adatto quando si parla di gestione del territorio.

La realizzazione della Città Metropolitana

Con la riforma del Titolo V della Costituzione, la Città Metropolitana è ormai un soggetto di rilevanza costituzionale. Esistono diverse ipotesi nel campo della dottrina giuridica sulla natura di questo soggetto, sulle sue caratteristiche e sulle sue prerogative. Esistono anche Disegni di Legge che si propongono di dare attuazione al dettato costituzionale, e amministratori che, attendendo una disciplina legislativa, hanno tentato e tentano comunque di operare in un’ottica più ampia.

Le ipotesi sul tappeto sono numerose. L’importante, è che si raggiunga il risultato che ormai i tempi richiedono: fare di Milano una vera città metropolitana.

Strutturarsi per crescere

Torniamo un istante alla domanda iniziale: quanto è grande Milano?

La storia ci insegna che le città possono crescere per due motivi: perché così è stato deciso (tipici i casi di Pietroburgo, Parigi, Mosca, Brasilia) oppure per spinta spontanea. In entrambi i casi, il processo di crescita è strettamente collegato alla realizzazione di una serie di strutture che disegnano la fisionomia della città: in passato le mura e le porte, oggi le strade, gli insediamenti residenziali o produttivi, i mezzi di trasporto e il verde, diventato anch’esso una componente fondamentale della città.

Le dimensioni di una città, dunque, dipendono dalle infrastrutture che la città possiede: senza i ponti che collegano Manhattan agli altri quartieri, New York non sarebbe New York.

Senza infrastrutture adeguate, Milano resterà una città asfittica, incapace di trovare la sua vera dimensione. Una città a crescita bloccata, destinata a un ruolo di secondo piano.

Quindi il discorso sulla città metropolitana, comunque si sviluppi dal punto di vista amministrativo e istituzionale, deve procedere di pari passo con la progettazione delle infrastrutture. Diversamente, la città metropolitana diventerà l’ennesima scatola vuota. L’ennesima occasione perduta.