Verso la Città metropolitana

L’idea di Città metropolitana non rappresenta certo una novità per chi è abituato a occuparsi di politiche territoriali. Basti dire che un’infrastruttura come il Passante ferroviario (concepito originariamente negli anni Sessanta) era nato proprio con l’intento di provvedere alle esigenze di mobilità di un territorio che non si limitava alla città di Milano, ma abbracciava un orizzonte molto più vasto.

Oggi, il concetto di Città metropolitana è strettamente collegato a quello di competizione tra le metropoli globali. Sappiamo tutti che questa sfida è in atto, e che il livello di successo con cui sapremo affrontarla inciderà su fatti molto concreti per tutti i cittadini: maggiori opportunità di business, maggiori investimenti, maggiore occupazione e benessere.

Il modello milanese

Diciamo subito che l’area milanese non parte male: oltre a godere di una posizione strategica favorevole, all’intersezione dei flussi nord-sud ed est-ovest, possiede in virtù della sua storia delle caratteristiche urbanistiche che tendono a trasformarla quasi naturalmente in una città metropolitana.

Per molti anni, gli amministratori milanesi si sono lamentati dei confini troppo ridotti del Comune, argomentando che questa circostanza rendeva quasi impossibile impostare un serio lavoro di pianificazione territoriale. Era usuale confrontare Milano con Roma e considerare con un po’ di invidia i vasti confini della capitale.

In realtà, con il senno di poi, mi sembra che il modello milanese si sia rivelato vincente: a parità di numero di abitanti, sicuramente i Comuni della cintura milanese, gestiti da amministrazioni attente e responsabilizzate dal voto dei propri cittadini, sono di gran lunga più vivi e vivibili delle sterminate periferie romane. La qualità urbana è certamente migliore, il focus sulle esigenze dei cittadini è più elevato. Per non parlare del dinamismo economico, su cui non esiste possibilità di confronto.

Ora, mi sembra importante che queste caratteristiche virtuose si mantengano e possibilmente si rafforzino nella futura Città metropolitana.

Policentrismo, ambiente, qualità della vita

L’esperienza acquisita dalla Provincia di Milano nell’ambito della pianificazione del territorio può senz’altro fornirci degli spunti in questa fase. Concetti come il policentrismo e la tutela del suolo e dell’ambiente rappresentano a mio avviso dei punti fermi.

Non avrebbe senso, secondo me, immaginare una Milano che si allarga nella pianura Padana inseguendo l’obiettivo di catturare tre milioni e mezzo di abitanti: questo è il modello deteriore di megalopoli, il modello che vogliamo evitare.

Ha senso, invece, immaginare una città composta da una rete di centri che si coordinano e dialogano nell’interesse dei cittadini: una città che ha come orizzonte di riferimento una dimensione globale, ma che non perde il contatto con le realtà di prossimità e possiede gli strumenti per rappresentare davvero tutti coloro che la abitano, indipendentemente dal fatto che vivano nel capoluogo, in un centro intermedio o in un piccolo centro.

Si tratta, appunto, d’instaurare una dialettica virtuosa, e confido che la Città metropolitana, a patto di essere dotata di istituzioni adeguate, possa essere il luogo in cui ciò avverrà.

La governance della Città metropolitana

Il modo migliore per garantire il buon funzionamento della Città metropolitana, a mio avviso, può essere uno solo: assicurare fin dall’inizio la massima rappresentatività possibile. Ipotizzare che possa esistere un sindaco metropolitano non eletto direttamente dai cittadini mi sembra un enorme passo indietro, oltre che una grande incongruenza. Ad oggi, il nostro ordinamento prevede l’elezione diretta dei presidenti della Provincia e della Regione. Non si vede perché il sindaco metropolitano non dovrebbe avere la stessa legittimazione popolare.

Ciò detto, ritengo anche che sarebbe un errore rinunciare all’apporto che possono fornire i sindaci: la loro esperienza e la loro vicinanza alle esigenze dei cittadini sono indispensabili per garantire un corretto governo della Città metropolitana. Penso quindi che sarebbe giusto prevedere l’istituzione di un’Assemblea permanente dei sindaci che possa affiancare gli organi esecutivi del nuovo ente.

Al momento, come sappiamo, la legislazione in materia di Città metropolitana è ancora piuttosto fluida. Oltretutto, accomuna in maniera forse un po’ frettolosa realtà molto diverse tra loro, come Milano, Venezia o Firenze.

Credo che sarebbe più corretto rivendicare le specificità di Milano, e a tale scopo mi sembrerebbe opportuno che tutte le parti in causa – Regione, Provincia, Comuni, Associazioni territoriali, istituzioni accademiche – unissero gli sforzi per ottenere dal governo una legge ad hoc per l’istituzione della Città metropolitana di Milano, prevedendo una roadmap che ci consenta di governare nel modo migliore la fase di transizione.

Non è questa la sede, né il momento, per esporre nei dettagli proposte specifiche: sarebbe preferibile, a mio giudizio, che il modello di governance della nuova Città scaturisse da un percorso condiviso e fosse frutto di un confronto approfondito.

Sono certo che Assolombarda, che ringrazio per l’impegno con cui sta affrontando questo tema, potrà dare un contributo d’idee importante. Del resto, vorrei ricordare che, storicamente, a Milano il pubblico e il privato hanno sempre dialogato in modo proficuo, sviluppando progetti utili alla città. Non dubito del fatto che ciò si ripeterà anche in questo caso.