Aem-Asm: chi vince e chi perde

L’operazione industriale di cui si discute oggi ha una portata strategica che è stata sottolineata da tutti, con molta chiarezza.

Non vogliamo unirci al coro di coloro che tentano di trovare nei freddi dati di bilancio la vera motivazione per la quale il Comune di Milano dovrebbe approvare questa operazione. Se dovessimo solo guardare ai numeri, i dubbi sarebbero numerosi.

Nelle scorse settimane è stata data grande enfasi alle dimensioni dell’azienda post fusione: fatturato, dipendenti, cittadini serviti e, ultimo ma non meno importante, utili attesi. È stata data anche grande enfasi (in modo talvolta strumentale) al rischio di aumento delle tariffe per i cittadini milanesi.

Anche in questo caso non ci siamo uniti al coro che si è levato.

Se avessimo guardato, e se guardassimo a questi numeri, non vi è dubbio che oggi sarebbe difficile difendere questa operazione.

I limiti economici della fusione

I milanesi non beneficeranno di minori tariffe, ma anzi (nella migliore delle ipotesi) pagheranno tariffe leggermente più alte. Il Comune non riceverà utili di molto superiori a quelli che prevedibilmente avrebbe ricevuto senza questa operazione. La nuova azienda avrà la semplice somma dei clienti/utenti delle vecchie aziende (non c’è quindi nell’immediato un’efficace sinergia commerciale).

A fronte di ciò, inoltre, il Comune di Milano paga un prezzo molto molto alto sull’altare dell’accordo con Brescia (che oggettivamente esce vincitrice dal confronto, e questo spiega il silenzio della sinistra milanese sui temi che “danneggiano” i cittadini milanesi).

In primo luogo, la governance futura dell’azienda sarà sicuramente condizionata da Brescia (pur nella formale pariteticità degli accordi parasociali e statutari). Inoltre, per non scendere al di sotto della soglia minima di “tutela societaria”, il Comune di Milano dovrà effettuare operazioni particolarmente onerose per la collettività milanese.

La prima, ovvia, operazione che sarebbe necessario fare è quella relativa alle obbligazioni convertibili (inopinatamente emesse negli anni scorsi, senza riflettere a fondo sulle conseguenze dell’operazione). L’ingente sforzo finanziario necessario per evitare le conversione di terzi delle obbligazioni graverà in maniera diretta e pesante per alcune centinaia di milioni di euro sul bilancio del comune di Milano.

La seconda, e molto meno ovvia, operazione che sarebbe necessario fare è “accrescere” forzatamente il valore di Amsa. La scelta più trasparente e più chiara, ma politicamente più imbarazzante, sarebbe stata quella di aumentare le tariffe.

Sappiamo tutti bene che questa strada non è stata imboccata per non creare imbarazzi a Forza Italia. Quindi, l’operazione di valorizzazione di Amsa è stata fatta scaricando sulla fiscalità generale – invece che sulle tariffe – l’onere (anche in questo caso di centinaia di milioni di euro) dell’accrescimento del valore di conferimento di Amsa in Aem.

Il prezzo da pagare

Nel complesso, quindi, per poter “stare alla pari” con Brescia, la collettività milanese dovrà farsi carico di oneri pluriennali per molte centinaia di milioni di euro (il costo vero e finale, purtoppo, non è quello dei business plan presentati, ma sarà possibile certificarlo solo a posteriori).

Questi sono i numeri, quelli veri. Che ci porterebbero ad un’ovvia e unica conclusione: sarebbe stato meglio avviare la procedura per vendere Aem a un grande operatore industriale privato. Fare cassa (magari meglio di come ha fatto la seconda giunta Albertini con l’emissione delle obbligazioni convertibili) e destinare il ricavato ad altri investimenti.

Ma dobbiamo fare scelte politiche coraggiose e lungimiranti e non di piccolo cabotaggio e di miope prospettiva. Prendendoci anche le responsabilità degli oneri che ne derivano. E allora dobbiamo guardare a questa operazione con un’ottica differente e di più ampio respiro.

La vera posta in gioco

L’operazione Aem-Amsa-Asm ha una rilevanza politica e industriale strategica.

In primo luogo riporta stabilmente sotto il controllo e la responsabilità collettiva la gestione di alcuni servizi essenziali: l’ambiente, l’energia e tutto ciò che vi è connesso.

A nessuno sfugge che, dopo lo sciagurato esito del referendum sul nucleare (nel quale solo il Pri con pochi altri prese una posizione coraggiosa), abbiamo capito in ritardo che l’energia è uno dei temi strategici per la crescita economica e industriale.

Una realtà economicamente avanzata come Milano non può essere totalmente ostaggio di oligopolisti (o monopolisti) privati dell’energia. Ma essere operatori pubblici efficienti nel settore dell’energia significa avere una massa critica (sia nel gas, sia nell’energia elettrica) che Aem, da sola, non potrà mai avere. Dobbiamo essere chiari, non basterà neppure l’accordo con Brescia: la dimensione minima cui dovremo guardare sarà ben superiore, se vorremo far diventare la nostra azienda un vero, efficiente e autonomo operatore internazionale dell’energia, nell’interesse delle aziende lombarde e della comunità. Ma l’operazione con Brescia è l’unico modo per dare il via a un processo aggregativo che faccia nascere un polo energetico del Nord (più ancora che solo lombardo).

Una scelta che guarda lontano

Questa è una risposta di politica industriale che dobbiamo dare al tessuto produttivo e ai cittadini di Milano. E che ci compete come rappresentanti politici.
Questi sono i motivi per i quali dobbiamo ribaltare il ragionamento sinora fatto e dire con chiarezza che è necessario affrontare gli ingenti costi dell’operazione, perché si tratta della politica industriale della Lombardia e del Nord. E Milano ha il diritto-dovere di essere protagonista di questo cammino.

Questo è il vero merito della proposta.

Per questo motivo, il Pri (che sin da Ugo La Malfa si è posto il problema delle scelte difficili, ma lungimiranti nella politica industriale) voterà a favore della delibera.

E aggiungo sin d’ora che invitiamo il Sindaco Moratti a confermare che il Comune affronterà anche lo sforzo finanziario per il riacquisto delle obbligazioni convertibili, al fine di dare ancora maggiore forza finanziaria alla azienda che sta per nascere.

Su questo saremo, con convinzione e determinazione, al suo fianco..