Il bilancio 2007

Sappiamo tutti che la stesura del bilancio di previsione rappresenta uno dei momenti fondamentali nell'operato di un'amministrazione. E sappiamo anche il bilancio non è soltanto un atto tecnico: al contrario, è l'atto nel quale le linee politiche dell'amministrazione assumono concretezza.

Non a caso, il sindaco Moratti ha deciso di seguire in prima persona le questioni relative al bilancio, perché (cito dal suo discorso del 23 giugno 2006), «la leva delle risorse finanziarie, è la leva fondamentale per la concentrazione delle risorse sulla rapida realizzazione delle priorità del nostro programma». Un'affermazione sulla quale, ritengo, tutti i colleghi presenti in quest'aula concorderanno.

Che giudizio possiamo dare di questo bilancio 2007?

Nell'insieme, naturalmente, un giudizio positivo.
Non è mia intenzione in questa sede addentrarmi nel dettaglio delle singole voci e dei singoli provvedimenti previsti: non ne mancherà l'occasione nel seguito di queste sessioni. Ciò che vorrei sottolineare adesso, è la visione politica che sta alla base di questo bilancio.

Quali sono i punti qualificanti della manovra?

Essenzialmente tre: la riduzione della pressione fiscale sul cittadino, attraverso la rimodulazione delle aliquote ICI e la mancata applicazione dell'addizionale IRPEF; l'incremento delle spese per servizi resi al cittadino e, infine, la riduzione delle spese amministrativo-gestionali in conseguenza del recupero di efficienza della macchina comunale.

Sono tre punti che ci trovano completamente d'accordo, perché corrispondono alla nostra visione dell'amministrazione. Una visione che, vorrei aggiungere, è in linea sia con le aspettative dei cittadini, sia con un'evoluzione storica che conduce ad assegnare ai comuni - e soprattutto, ovviamente, ai comuni di maggiore importanza - un ruolo sempre più rilevante e sempre più autonomo in un'ottica di sussidiarietà.

Nell'Europa delle patrie, aperta a un orizzonte di mondializzazione, il comune (specialmente se si tratta di una città-regione come Milano) rappresenta uno snodo centrale. Non a caso, nelle statistiche economico-territoriali si parla sempre più spesso di competizione tra città, o tra aree metropolitane, e sempre meno di competizione tra le nazioni.

Il Comune imprenditore

Ma per svolgere il ruolo che gli spetta, il Comune deve assumersi anche l'onere di reperire le risorse economiche necessarie per sostenere le proprie scelte. Diversamente, rischia di vedere i propri margini di manovra drasticamente ridimensionati dalle decisioni prese da altri soggetti, che non necessariamente condividono i medesimi obiettivi.

In che modo può farlo?

L'unica maniera accettabile, a nostro avviso, consiste nel perseguire delle logiche economiche corrette. In altre parole, il Comune deve organizzare la propria azione in un'ottica imprenditoriale: finalizzata, naturalmente, non all'accumulo, ma alla redistribuzione del profitto sotto forma di opere e servizi alla cittadinanza.

Potrebbe sembrare una visione aziendalista o, peggio ancora, dirigista (chi non ricorda le critiche, sacrosante, al modello dello stato imprenditore?). Ma non è così.

Ciò che fa la differenza sono da un lato gli obiettivi, e dall'altro il metodo con cui questo processo viene sviluppato.

Gli obiettivi, anzitutto: in un'ottica dirigista, l'ente pubblico impone la sua visione, e opera con tutti i mezzi a sua disposizione per incanalare di conseguenza l'operato della società civile, a dispetto se necessario delle più elementari regole di razionalità economica. In un'ottica liberale, avviene il contrario: l'ente pubblico ritiene di essere il terminale delle aspettative della società civile, e si adopera per sostenere (e garantire con regole eque e condivise) lo sviluppo.

Come logica conseguenza, in un'ottica liberale l'ente pubblico propone e persegue degli obiettivi, ma li sviluppa con la collaborazione dei privati, senza gravare di nuovi oneri la collettività.

Per ottenere questo risultato, però, non può bastare la buona volontà.
Il Comune deve offrire un orizzonte di riferimento compatibile con le logiche delle aziende private: ossia, da un lato dei progetti d'ampio respiro, che permettano di recuperare gli investimenti fatti, e dall'altro delle certezze sul piano normativo. In altri termini, deve dimostrare al mondo dell'impresa di possedere, se non altro, un linguaggio e un know-how che può essere condiviso.

In questo senso, e solo in questo senso, parliamo di Comune imprenditore. 

La cultura, un punto debole

Finora, a quanto abbiamo potuto vedere, l’Amministrazione si è mossa in un’ottica corretta, affrontando la gestione della cosa pubblica secondo logiche di razionalità ed efficienza: cosa che peraltro si ritrova in questo bilancio 2007.

Naturalmente, in questo quadro restano degli aspetti perfettibili.

Penso anzitutto alla cultura: una risorsa preziosissima non solo in termini d'immagine (peraltro sappiamo tutti quanto l'immagine sia fondamentale, oggi, per assicurare buoni risultati economici), ma anche in termini di ritorni immediati.

Giusto pochi giorni fa, per esempio, il Louvre ha siglato con gli Emirati Arabi un accordo che prevede una cessione di know-how, prestiti di opere e l'uso del nome per la creazione di un nuovo museo a Abu Dhabi. Il contratto assicurerà al museo francese introiti pari a un miliardo di euro nei prossimi trent'anni, che non è una cifra disprezzabile.

Notizie del genere, secondo me, dovrebbero farci riflettere. 

Certo, Milano non è Parigi e nessuno dei nostri musei è paragonabile al Louvre. Ma possediamo in altri campi eccellenze riconosciute a livello mondiale, prime tra tutte la Scala e il Piccolo Teatro. Non solo: Milano è la capitale dell'industria culturale in senso lato (editoria e televisione), per non parlare della moda e del design. Insomma, ha tutte le carte in regola per svolgere un ruolo di primo piano in campo culturale.

Occorre essere consapevoli del fatto che la cultura è una risorsa della città che - se adeguatamente sostenuta e sviluppata - è in grado non solo di incidere sull'immagine di Milano, ma anche di costituire un traino economico per la città.

È ormai uso comune lamentare la scomparsa della buona borghesia illuminata milanese di una volta, affezionata ai simboli della città e pronta a sostenere economicamente le istituzioni culturali.

Ma ciò detto, ci siamo mai interrogati seriamente sui motivi che potrebbero o dovrebbero spingere un'azienda a investire sul patrimonio culturale della città, a parte il patriottismo?

È ovvio che un'azienda, soprattutto oggi, deve ragionare in termini di efficienza. Ed efficienza significa, in primo luogo, mettere a punto dei programmi e rispettarli, verificandone periodicamente i risultati.

Forse, il fatto che l'imprenditoria milanese si sia progressivamente defilata dipende anche dalla mancanza di progetti seri da parte dell'interlocutore pubblico. Se provassimo a offrire un programma articolato e ben strutturato, io credo che le risposte arriverebbero e che Milano avrebbe un'altra carta importante da giocare: il turismo culturale, che aprirebbe alla nostra città - tradizionalmente etichettata come luogo invivibile dove si può solo lavorare - prospettive del tutto nuove. Non solo in chiave economica, ma anche sotto il profilo della qualità della vita.

In conclusione…

Fino ad oggi abbiamo riscontrato che l'Amministrazione si è mossa secondo quanto indicato nel programma, affrontando in modo corretto i problemi della città.

Il bilancio 2007 è un'ulteriore testimonianza di questo sforzo: Milano è l'unica grande città italiana che, in assoluta controtendenza, non ricorre alla leva fiscale (neanche sotto forma di aumento delle tariffe) per garantire i servizi pubblici. Continua ad assicurare investimenti in opere pubbliche pari all'anno passato e, al tempo stesso, resta entro i parametri del patto di stabilità.

Ciò significa che, evidentemente, è stato individuato un metodo di gestione corretta.

Il nostro voto favorevole non deriva da una visione acritica, né da una banale logica di schieramenti. È soprattutto un atto di fiducia, che ci aspettiamo di poter riconfermare nel corso degli anni, confortati dai risultati via via raggiunti.